Intervista con Neri Marcorè: testimonial 6^ Conferenza Nazionale Passivhaus
In attesa di incontrarlo alla 6^ Conferenza Nazionale Passivhaus e di conversare sul tema della sostenibilità, ecco l’intervista gentilmente rilasciata dall’attore marchigiano Neri Marcorè.
- Avremo il piacere e l’onore di averla Ospite Speciale della 6^ Conferenza Nazionale Passivhaus. Cosa l’ha spinta ad esserci?
L’interesse per l’argomento, la curiosità di saperne di più e di incontrare esperti del settore.
- Qual è il messaggio di sostenibilità che, il 24 novembre a Riva del Garda, condividerà con il nostro pubblico: stakeholder, istituzioni, imprese, professionisti provenienti da tutta Italia e dall’Europa?
Sono un convinto sostenitore della necessità di ripensare i modelli di vita che abbiamo ereditato e con cui siamo cresciuti. Sfruttare le risorse del pianeta senza porsi dei limiti, non considerare il riciclo delle materie, inquinare l’aria e le falde acquifere senza ritegno significa quanto meno essere miopi, se non anche egoisti rispetto alle generazioni che seguono. Forse l’umanità non è ancora pronta alla “decrescita felice” teorizzata da Latouche, ma di certo occuparsi sul serio e a livello planetario di sprechi, sostenibilità, risparmio energetico non è più rimandabile, non solo in funzione del futuro ma anche per migliorare la qualità della nostra vita presente.
- Che idea si è fatto di questa nostra grande “Community” (ZEPHIR PASSIVHAUS Italia) e del mondo Passivhaus?
Sicuramente di persone che hanno passione e sensibilità per questi temi, quindi di una comunità interessante da conoscere più da vicino.
- Qual è il messaggio che l’ha più colpita o interessata sfogliando il manuale “Passivhaus” di Francesco Nesi e masterpiece unico in Italia?
La conferma che a fronte di investimenti iniziali a volte impegnativi, il risparmio a medio-lungo termine è considerevole, quindi vantaggioso a vari livelli, per i singoli investitori e per la comunità.
Quindi la necessità di incentivi, affinché non resti appannaggio di fasce ridotte della società, con effetti virtuosi necessariamente limitati. E poi la scoperta che c’è ancora molta strada da fare a livello di consapevolezza, uniformità nella valutazione delle certificazioni, importanza di manodopera certificata.
- Secondo lei la cultura, l’arte, la musica quanto possono contribuire alla costruzione di una coscienza collettiva, ai valori di rigenerazione urbana e sociale?
Non solo contribuire, credo siano l’unico canale per poter formare quella coscienza attraverso la quale ribaltare le prospettive e allargare lo sguardo al di là del proprio orticello. Ma questo vale per tanti aspetti della vita, non solo per l’edilizia e l’urbanistica.
L’apprendimento, dice Platone, avviene per via erotica. Se non si è affascinati da una materia, se non ci si innamora di essa, è difficile fare progressi e aprirsi a nuovi scenari. Cosa se non l’arte e la cultura possono innestare in noi il desiderio del bello e utile, di panorami nuovi, diversi?
- In questi ultimi anni il tema della sostenibilità (dal Festival dello Sviluppo sostenibile di Parma al Risorgi Marche di cui è ideatore, per la rinascita delle comunità colpite dal sisma alla Conferenza Nazionale Passivhaus) è diventato costante. Qual è il bilancio, in chiave umana e professionale, di questo “viaggio” intrapreso?
In questo senso RisorgiMarche rappresenta la sintesi emblematica tra l’ideazione di un progetto di sostegno concreto alle comunità colpite dal terremoto e il suo stesso sviluppo. Potevo anche pensare di far svolgere i concerti nei centri dei paesi colpiti, oppure lasciare che i parcheggi per il pubblico fossero più a ridosso delle aree verdi scelte per le esibizioni, invece ho disposto la formula delle camminate (in media 4-5 km) per raggiungere quegli anfiteatri naturali stupendi proprio perché mi sembrava cruciale il messaggio ecologico: di rispetto per la natura, di riconciliazione con la stessa, della lentezza come valore e non come disagio, di esercizio fisico ciascuno secondo le proprie possibilità, come una specie di regalo da fare a se stessi per uno o più giorni. Ha funzionato tanto da diventare quasi l’aspetto essenziale del festival e il ritorno in termini di gratitudine e affetto è stato enorme, impagabile.
- L’Agenda 2030, che è anche il nome del suo spettacolo portato in scena a Parma, affronta le sfide del nostro tempo: dalla povertà al lavoro, dall’educazione alle disuguaglianze, dall’energia all’ambiente. Secondo lei siamo nella direzione giusta?
La direzione indicata lo è, sempre più gente acquisisce la coscienza che non si può non seguirla, ma temo che ci stiamo muovendo con troppa lentezza in questa direzione. Bisognerebbe agire a livello planetario con misure congiunte e urgenti, invece ho l’impressione che il problema ambientale venga sottovalutato e gli standard siano insufficienti e troppo dilazionati. Per questo è ancora più importante informarsi e formare una coscienza collettiva che spinga i governi a scelte più drastiche.
- L’Italia è un Paese meraviglioso, tra bellezze artistiche e paesaggistiche: grazie al suo progetto RisorgiMarche ha portato il nome delle Marche in tutto il mondo per abbracciare i luoghi e la popolazione colpita dal sisma. Cosa possiamo fare tutti insieme per il futuro di questa regione e per rilanciare questo nostro straordinario Paese?
Noi italiani siamo fortunati, la bellezza ce l’abbiamo costantemente davanti agli occhi ma spesso non abbiamo gli occhiali giusti per accorgercene, ma non è mai troppo tardi. La bellezza, i paesaggi, il patrimonio artistico sono vettori economici, chi se ne rende conto li sfrutta rispettandoli e valorizzandoli. Abbiamo un potenziale tuttora inespresso ed è curioso che proprio nel nostro Paese l’ambientalismo non sia mai stato il cardine di alcun partito. Io credo che anche qui il primo passo per fare qualcosa passi attraverso l’acquisizione di questa consapevolezza, che può dare vita a risvolti virtuosi pragmatici. La ricostruzione, non solo materiale, delle comunità sarà purtroppo lunga, ma è importante che si imbocchi la strada giusta, con progetti a lungo termine e investimenti che ripensino le economie dell’entroterra appenninico. C’è bisogno di amministratori capaci e lungimiranti, disinteressati al riscatto immediato dei propri meriti, ma anche dell’impegno personale di ciascuno di noi, innanzitutto nell’informarci e non delegare sempre gli altri, sperando che sia sufficiente questo per risolverci i problemi, laddove siamo troppo pigri o distratti per volercene occupare direttamente.
Intervista di Deborah Annolino
- 8 Gennaio 2019
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